Un ora e mezza per arrivare all’attacco, ad esempio. Carico come un mulo e non molto allenato non ho scelta…prendo il mio ritmo e cerco di salire costante con passo scialpinistico…dopo la malga Cassinelli Marco e Chiara belli pimpanti “scattano” e mi lasciano indietro. Sono infastidito come non mai da un ragazzino e da altri escursionisti che procedono a strappi, ora mi superano poi perdono il passo e li riprendo, poi mi sorpassano di nuovo. Frustrante. Ma la gamba è quella che è, o forse a zaini invertiti sarebbe un’altra storia.
Non una via di luccicanti fittoni o spit, ma chiodi vecchi e arrugginiti, protezioni lunghe, arrampicata di testa. Marco da signore mi cede “il comando della cordata”, io meno nobilmente, mi frego le mani e accetto. Sulla roccia va meglio, l’allenamento invernale mi da la giusta sicurezza e mi sento a mio agio anche se forse un po’ lento.

Sull’ultimo tiro inizia a tirare vento e si sente qualche temporale. In falesia puoi correre in macchina e metterti al riparo. In montagna devi fare in fretta e scendere prima che puoi. Usciamo dall’ultimo tiro e lascio un bel canapone e un maglia rapida come tributo alla Presolana, sui quali calarci rapidamente. Sulla sosta della seconda doppia facciamo in tempo a prendere la grandine, poi l’acqua e assistere al volo (da secondo) di un conoscente sul traverso del terzo tiro. Bel pendolone e nessuna conseguenza fisica. Gettiamo la terza e ultima doppia e mentre recuperiamo il materiale un bel sole ci asciuga. Scendendo ai Cassinelli nuovo acquazzone.
Di solito in montagna si scala con gli amici con i quali si ha una grande e reciproca sintonia, condividendo lo stesso approccio, visione e “stile” alpinistico. E i gradi tirati in falesia non contano quanto può contare la fiducia, un sorriso e una stretta di mano a fine via.
Più cattivi di Clint Eastwood.
Chiaretta in uscita dal traverso