Il Pizzo Redorta mi ha sempre evocato scarpinate inenarrabili e clamorose ritirate.
Fine anni ’90, primo tentativo con Marco e Chiara terminato ad osservare lo splendido ghiaccio vetrato della vedretta di Scais poiché sprovvisti di ramponi. Inizio anni 2000, secondo tentativo con Luca a Novembre dopo le prime nevicate, terminato alla base del canalino con una ritirata a causa della scarsa esperienza su misto, una condizione di forma discutibile e la sensazione che se avessimo proseguito, saremmo finiti nei guai.
Per anni il Redorta è dunque finito nel cassetto dei progetti non completati, senza nemmeno troppa voglia di riprenderlo a causa della ravanata a cui mi sarei sottoposto. La lampadina si è riaccesa quest’anno, così come la voglia di sperimentarsi su distanze non abituali…15 km di sviluppo per circa 1900 m di dislivello positivo.
“Il Redorta è un viaggio”, queste le parole di Francesco. E in effetti viaggio è stato, a cominciare dalla smacchinata per circumnavigare le Orobie da Sud verso Nord, lungo la “costa” lecchese, per approdare dopo una infinità di curve, accelerazioni, dossi e rotatorie ad Agneda, la piccola frazione da cui si parte. Come marinai scendiamo dall’auto alle prime luci dell’alba con quel vago senso di nausea che solo la traversata del pacifico e la guida sportiva di Francesco sanno dare.
Calziamo gli sci quasi subito ed una enorme valanga sbarra la valle, dandoci il benvenuto.
Il secondo tratto del viaggio si fa sulla strada innevata che porta verso la diga del Lago di Scais. Facendo finta di niente la attraversiamo a piedi e veniamo beccati dai guardiani, che non la prendono bene. Fingiamo di aver sbagliato strada, ma in realtà non volevamo risalire il versante orografico di destra poco innevato. La presenza di una ragazza, Chiara che elargisce sorrisi e fa gli occhi smarriti, ci toglie dai casini, mentre io e Lorenzo con le orecchie basse chiediamo scusa e ripartiamo. Francesco, miracolosamente la fa franca essendo come di consueto il primo della carovana, a un centinaio di metri di distanza da noi.
Costeggiato il Lago, risaliamo su un pendio ripido e boscoso alla baita Caronno, posta in una bella ed ampia piana. Il tempo non è dei migliori e confidiamo nella schiarita prevista dal meteo, mentre le cime restano tutte coperte.
All’altezza del Mambretti, risaliamo con buon ritmo il pendio sulla sx orografica, date le condizioni sicure. Abbiamo percorso circa 5 km e siamo partiti da due ore, mentre il dislivello ancora è piuttosto basso…circa 500 m…è ancora lunga. Approdiamo nel Vallone di Scais e qui inizia la terza parte del viaggio. Le nuvole si diradano e finalmente compaioni i giganti delle orobie, facendo sentire la loro presenza incombente. L’ambiente e l’ampio vallone, delimitato ai lati dai tremila orobici, è spettacolare. Nulla da invidiare alle località più blasonate.
Ci controlliamo a vista, ognuno salendo col suo passo. Sono pervaso da un senso di soddisfazione e piacere per il solo fatto di essere immerso in un tale spettacolo. Anche la scarsa presenza di altri scialpinisti ci fa godere dell’ambiente selvaggio dandoci la sensazione di essere dei privilegiati.
Assorbiti dai nostri pensieri guadagniamo quota fino all’imbocco del canale. Mentre Francesco e Lorenzo lo attaccano quasi subito, io aspetto Chiara per fornirle un minimo di supporto su questo terreno più tecnico. La quarta parte del viaggio. Del resto è al primo anno di attività e già si cimenta con salite che certi scialpinisti da Timogno, mai si sono sentiti di affrontare.
Nei brevi minuti di attesa, mi tornano alla mente ricordi dei precedenti tentativi. Sono passati un sacco di anni e quasi mi faccio prendere da un po’ di nostalgia. Nemmeno il tempo di pensarci che Chiara mi raggiunge e mi riconcentro sulla parte tecnica.
Guadagnamo metro dopo metro la parte alta del canale, superiamo una crestina affilata che richiede un po’ di attenzione ed eccoci sul pendio sommitale. Da lì a poco la vetta.
La soddisfazione è totale, una scialpinistica tecnica e completa, un bel team affiatato e con lo spirito giusto. Ci sono molti motivi per rallegrarsi. Appollaiati in pochi metri abbiamo tutto quello che ci serve per essere felici. Amici, montagne, merenda e una bella discesa che ci aspetta.
Dalla cima osserviamo le nuvole basse che si fermano sullo spartiacque tra Bergamasca e Valtellina, il Diavolo il Coca e tutte le grandi montagne lì intorno in un silenzio rigenerante.
Affrontiamo la discesa con la carica giusta. Troviamo anche questa volta neve ottima e spazi immensi…la sensazione di libertà è totale.
Ci incasiniamo girando attorno al lago verso est, per evitare la diga e i guardiani. La mazzata finale. Completiamo la gita con un gustoso pranzo, scovando a caso un’ottimo agriturismo.
Il Redorta l’ho spostato nel cassetto dei progetti completati. Grazie ai miei amici che mi hanno accompagnato in questa splendida avventura.
Nando